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National Biodiversity Future Center (NBFC), Centinaia di “sentinelle” tecnologiche presidiano i fondali per salvare il mare

Staff Cetri by Staff Cetri
Dicembre 11, 2025
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Ripensare le infrastrutture per superare i confini politici: le bioregioni dell’economista Jeremy Rifkin
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All’assemblea nazionale del National Biodiversity Future Center, che si è svolta a Palermo, sono stati presentati i dati del più avanzato sistema di monitoraggio marino mai realizzato in Italia. È stato mappato il 10 per cento degli habitat marini italiani e sono stati raccolti dati inediti grazie a una rete di dispositivi innovativi installati anche sui banchi di Posidonia

Palermo, 11 dicembre 2025 – Un mare ricco di vita, ma minacciato dalla presenza sempre più invasiva dell’uomo. È la fotografia complessa che emerge dal monitoraggio condotto lungo le coste del Mediterraneo e non solo, presentata al convegno nazionale Il mare di domani, l’assemblea generale conclusiva dello Spoke 1, unità di ricerca del National Biodiversity Future Center (NBFC).

In particolare, è stata presentata un’innovativa campagna di monitoraggio con centinaia di sensori low-cost, stagni e miniaturizzati, applicati a vari organismi, tra cui banchi di Posidonia, in aree come Capo Gallo, Isola delle Femmine, Castellammare del Golfo e Ustica, in Sicilia. Questa rete di “sentinelle” misura in tempo reale parametri vitali come temperatura, ossigeno e pH, rivelando come ogni organismo risenta delle condizioni microclimatiche che lo circondano.

“Abbiamo cambiato completamente paradigma: prima si usavano pochi sensori molto costosi, distribuiti ogni 100 chilometri. Oggi, grazie alle risorse del NBFC, possiamo distribuire 100 sensori ogni chilometro – ha spiegato Gianluca Sarà, professore ordinario di Ecologia dell’Università di Palermo e coordinatore scientifico dello Spoke 1 del National Biodiversity Future Center. Questo sforzo senza precedenti è parte integrante del primo triennio di attività dello Spoke 1 “Mapping and Monitoring” del NBFC, che ha riunito a Palermo il 9 e 10 dicembre la sua assemblea generale conclusiva”.

I risultati vanno ben oltre la tecnologia: “Partiamo da un paradosso fondativo: conosciamo il 100 per cento della superficie di Marte, ma solo il 2,5 per cento degli habitat marini. Dopo tre anni di lavoro intensivo, che ha coinvolto 14 istituzioni scientifiche italiane, siamo riusciti a incrementare in modo significativo questa conoscenza, superando il 10 per cento della superficie degli habitat marini italiani mappati”. Un balzo in avanti reso possibile da una strategia integrata: droni aerei e subacquei, intelligenza artificiale per l’analisi delle immagini, campionatori automatizzati di acqua, sedimenti e organismi, e l’impiego di ogni tipo di imbarcazione disponibile.

Questa mole di dati fornisce per la prima volta una2 baseline solida, una fotografia di partenza essenziale. “Per costruire il futuro, dobbiamo sapere com’è il presente”, ha sottolineato Sarà. La conoscenza si traduce, dunque, in strumenti concreti per la gestione dello spazio marino. “Ora sappiamo come regolare meglio il traffico navale, definire dove la pesca è compatibile con altre attività, come il turismo. Abbiamo strumenti per ridurre i conflitti di uso del mare”. Tuttavia, il monitoraggio conferma anche criticità profonde, specialmente in Sicilia, regione emblematica sia per il suo valore di hotspot di biodiversità che per la pressione a cui è sottoposta. “Lo stato attuale è di un uso del mare molto ampio che, in alcune situazioni, ha portato a un livello di degrado elevato. E ciò che facciamo a terra – ha avvertito Sarà – si riverbera inevitabilmente in mare, influenzandone la salute”.

A sottolineare l’importanza delle pressioni multiple e i loro effetti a cascata è stata anche Simonetta Fraschetti, ordinaria di Ecologia all’Università di Napoli “Federico II” e co-coordinatrice dello Spoke 1. “La grande sfida e lezione di questi anni è stata capire come le minacce – dall’inquinamento al riscaldamento, dalla sedimentazione al rumore – non si sommano, ma interagiscono in modo sinergico, moltiplicando il loro impatto negativo sulla biodiversità”, ha dichiarato. Questo degrado, ha proseguito, non compromette solo le specie, ma il funzionamento stesso degli ecosistemi, con ripercussioni dirette sul benessere e la salute dell’uomo, che di quegli ecosistemi fa parte.

“La nostra ricerca  – ha aggiunto – si è quindi impegnata a trovare soluzioni. Non solo abbiamo valutato l’efficacia delle aree marine protette esistenti, ma abbiamo lavorato per identificare le strategie migliori per espandere la conservazione in modo intelligente, per raggiungere gli obiettivi europei del 2030 senza escludere le attività umane, ma rendendole sostenibili. Il nostro lavoro deve ora uscire dall’accademia e diventare strumento per i decisori”.

La scelta di Palermo come sede dell’evento è stata strategica. “Palermo ha avuto un ruolo fondamentale e la sua università ne è stata del tutto partecipe”, ha affermato il rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri. “Conclude qui un ciclo di tre anni che posiziona l’Italia all’avanguardia in Europa su un tema cruciale. A breve, a Palermo, questo percorso troverà una casa fisica nel ‘Biodiversity Gateway’, un luogo di incontro tra scienziati, cittadini e imprenditori, pensato anche per creare opportunità e convincere i nostri giovani a investire sul futuro sostenibile della Sicilia”.

La due giorni si è conclusa all’insegna della sinergia tra scienza, musica e arte, con lo spettacolo Biosphera al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo. Una produzione del National Biodiversity Future Center, che ha tradotto col linguaggio universale dell’arte i temi della biodiversità.

Cos’è il National Biodiversity Future Center

Il National Biodiversity Future Center è il primo centro di eccellenza della ricerca in Italia dedicato alla biodiversità ed è stato finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Unione Europea – NextGeneration EU. Un’opportunità per osservare, preservare, ripristinare e valorizzare l’immenso patrimonio di biodiversità italiana e mediterranea. Il nostro Paese ospita infatti la più grande varietà biologica di tutta Europa, con almeno 60 mila specie animali e 10 mila piante vascolari distribuite in oltre 130 ecosistemi. Questo nuovo Centro coinvolge più di 2.300 ricercatori e ricercatrici e 48 enti, tra cui università, centri di ricerca, fondazioni e aziende, combinando ricerca, innovazione tecnologica e coinvolgimento pubblico. Con un finanziamento di 320 milioni di euro, NBFC mira a contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, e a diventare un’importante base operativa e punto di riferimento per lo studio e la protezione della biodiversità a livello globale.

Staff Cetri

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